La Via dell'Ebraismo

La Via dell'Ebraismo

Un itinerario sulle orme dei "fratelli" ebrei

Italy
2021
La Via dell'Ebraismo
Tra Boemia e Moravia vengono ricondotte le radici cristiane d’Europa, ma non va dimenticato in terra ceca ha giocato un ruolo importante anche l’ebraismo, di cui restano pregevoli tracce nei tipici insediamenti, in importanti siti storici, in cimiteri monumentali, in quartieri-città e purtroppo anche in campi di detenzione, degni di un visita e di profonde riflessioni. Ecco allora un itinerario sulle orme dei “fratelli” ebrei in Repubblica Ceca.

Ghetti, sinagoghe e cimiteri: i grandi sopravvissuti della cultura ebraica

In Boemia e Moravia gli ebrei giunsero nel X secolo. Se da un lato quindi aprirono grandi vie commerciali e furono in qualche modo nomadi, dall’altro si stabilirono nei paesi e nelle città, creando insediamenti propri. La storia di persecuzione e discriminazione vergognosamente culminata nella Shoah ha radici lontane e da sempre il popolo giudeo è stato oggetto di diffidenza, critiche e animosità. Difficile dire se la loro tendenza a isolarsi ne fosse causa o effetto, ma certo non ha quasi mai favorito una vera integrazione. Durante la seconda Guerra Mondiale l’odio nazista sterminò il 90% dei giudei in terra ceca. Oggi le comunità ebraiche censite sono solo 10, per un totale di 3.000 persone, ma dei passati insediamenti resta ampia testimonianza nel Paese: 180 quartieri ebraici, 200 sinagoghe e 200 cimiteri. I siti ebraici sono oggi per lo più sotto tutela come monumenti nazionali.
 

Josefov, la Praga ebraica

E’ una sorta di città nella città. Quella che appare oggi è il frutto di sostanziali rimaneggiamenti operati tra il 1893 e il 1913, ai quali sopravvissero solo alcune testimonianze di lunghi secoli di presenza ebraica a Praga. Ciò nonostante, i monumenti fin qui tramandati costituiscono uno tra i nuclei meglio conservati di tutta Europa. Cuore di Josefov è la Sinagoga Vecchio-Nuova, la più antica in attività in Europa, cui se ne affiancano molte altre, tutte in stili architettonici diversi, magnificamente restaurate e custodi di pregevoli collezioni. Sulle pareti della sinagoga di Pinkas sono scritti gli 80.000 nomi degli ebrei cechi scomparsi durante la seconda Guerra Modndiale. La sinagoga spagnola, la più recente (1868), sfoggia uno stile moresco. La città con le sue sinagoghe fa parte dell’area del Museo Ebraico di Praga, importante istituzione nata nel 1906, il cui patrimonio artistico e culturale è unico al mondo e si estende ben oltre i confini della capitale. Da visitare anche l’Antico Cimitero Ebraico, che risale alla prima metà del XV secolo e conta 12.000 lapidi gotiche, rinascimentali e barocche. Tra i più suggestivi luoghi di sepoltura al mondo, vanta anche celebri spoglie, tra cui quelle del maestro rabbi Löw, morto nel 1609 e protagonista della leggenda del Golem, Nel Nuovo Cimitero Ebraico, riposa invece Franz Kafka, scrittore praghese di fama mondiale, di origine ebraico-tedesca.
 

Di ghetto in sinagoga, di festival in museo, il cuore ebraico del Paese

La città di Pilsen, nella Boemia Occidentale, vanta due sinagoghe, tra cui la seconda per grandezza in Europa dopo quella di Budapest (in stile moresco-romano) e due cimiteri ebraici, uno antico e uno moderno. Altri siti ebraici si incontrano fuori città, lungo la cosiddetta Strada Ebraica (www.jewish-route.eu) che attraversa l’intera regione di Pilsen.
Tra tutti quelli censiti in Europa, il quartiere ebraico di Trebic è il meglio conservato in assoluto. Pregevole complesso urbano, unico sito ebraico al di fuori della Terra d’Israele a essere stato posto sotto l’effige Unesco, il quartiere di Zamosti si distende tra il fiume Jihlavka e la collina Hradek. Vanta due sinagoghe e 123 edifici, tra cui il municipio, la scuola, il mattatoio e l’ospedale. Il cimitero, con 3.000 lapidi è tra i più importanti del Paese. Un percorso didattico conduce lungo le due vie principali e attraverso vicoli, vicoletti e passaggi coperti tra le case. Il villaggio in agosto è preso d’assalto per lo Shamayim, importante festival di cultura ebraica.
Tra il XVI e il XIX secolo, centro spirituale, culturale e politico degli ebrei di Moravia fu Mikulov, sede dei rabbini provinciali. Oggi attorno alla sinagoga e al cimitero sopravvivono una novantina di edifici tra Rinascimento e Barocco: abitazioni ma anche una scuola, una casa delle anime e persino una cisterna per i bagni rituali.
La storia dell’insediamento ebraico di Brno, in Moravia, è relativamente recente. Nel 1454 gli ebrei furono infatti espulsi dalla città e la comunità ebraica tornò a mettere radici qui solo nel XVIII secolo. Ne è conferma il fatto che la sinagoga di Brno, costruita tra il 194 e il 1936, è in stile funzionalista. Tra i gioielli del ghetto, anche la celebre villa liberty di via Cernopolni 45 firmata da Ludwig Mies van der Rohe e sotto tutela Unesco.
 

Il ghetto “aperto” di Golcuv Jenikov e gli altri imperdibili di Cechia

Tra i tanti, particolarmente interessante risulta il sito di Golcuv Jenikov, paese della Vysocina. Dalle origini incerte a causa dei diversi incendi che mandarono in cenere gli archivi locali, il ghetto si distingue dagli altri perché di tipo aperto, ovvero non chiuso da mura o recinzioni. Tra le strade strette e le case basse senza giardino si incontrano la sinagoga (costruita interamente in legno ma preda delle fiamme e quindi ricostruita in pietra), la scuola (ora edificio privato), il cimitero trecentesco e la Mikvah: un bagno rituale ebraico di purificazione. Nelle botteghe, tra cui quella del macellaio dove si procedeva alla macellazione ovviamente con rito tradizionale ebraico, si rifornivano anche i cristiani, in cerca soprattutto di caffè, spezie, tè e merci pregiate.
Altri siti ebraici si rintracciano un po’ in tutto il Paese, a Hermanuv mestec, Holesov (con la bella sinagoga barocca Sachova decorata a motivi floreali), Jicin, Kolin, Polna, Rakovnik, Rychnov nad Kneznou, Boskovice (il cui ghetto è tra i maggiori del Paese, con 32 edifici e la sinagoga affrrescata, ed è sede di un importante festival di cultura ebraica), Velke Mezirici
 

Una vergogna universale che il mondo non può dimenticare

Per non dimenticare è doverosa infine una visita a Terezin, a una sessantina di chilometri da Praga. Nel 1942 i nazisti fecero della fortezza, già adibita a carcere per politici e militari nel XIX secolo (vi morì l’uccisore dell’arciduca Francesco Ferdinando, il cui crimine provocò la prima Guerra Mondiale), una severa prigione di passaggio, dove venivano rinchiusi gli ebrei prima di essere deportati nei campi di concentramento. Nota con il nome di Theresienstadt, ha visto passare 152.000 ebrei deportati da ogni parte d’Europa, tra cui numerosissimi bambini. Molti morirono qui, per gli stenti, le pessime condizioni igieniche e di vita. Oggi il sito, sul cui ingresso campeggia ancora la tristemente nota scritta “Arbeit macht frei” (il lavoro rende liberi), è un monumento alla memoria e un monito per le generazioni future. Nel Museo del Ghetto al suo interno viene narrata in tutta la sua crudezza la sofferenza dei prigionieri. Per contrasto, è bene visitare anche la mostra presso il centro espositivo Magdeburska kasarna che svela tutta la potenza, nonostante la detenzione e le precarie condizioni di prigionia degli ebrei, in fatto di creatività artistica, letteraria, musicale e teatrale. Se infatti la Kleine Festung (piccola fortezza) fu trasformata dalla Gestapo in prigione, la Grosse Festung (grande fortezza, ovvero l’intero centro rurale già noto per la sua vibrante vena artistica) fu fatta ghetto. In un certo senso un ghetto-modello, dove fervevano le attività artistiche e culturali e dove ci si premurava, tra l’altro, che i bambini deportati potessero proseguire il loro percorso educativo. Singolare la storia di oltre 80 disegni di bambini nascosti in una valigia dall’insegnante d’arte prima di essere deportato ad Auschwitz, incredibilmente sopravvissuti alle perquisizioni e alla guerra e tornati a casa per essere esposti nel Museo ebraico di Praga. Nonostante che a Theresienstadt condividessero lo spazio e il cibo un tempo destinato a 7.000 abitanti ben 50.000 ebrei, costretti a condizioni di vita inumane e stenti, proprio questo campo –ripulito e “truccato” a dovere in occasione di una visita da parte della Croce Rossa cui il Reich non poté opporsi- fu il teatro di uno scandaloso film di propaganda che mistificava la situazione e millantava un benessere mai esistito. Per girare la pellicola comunemente nota con il titolo “Il Führer dona un villaggio agli ebrei”, i tedeschi reclutarono tra i prigionieri un celebre regista promettendogli di aver salva la vita sua e della moglie (che furono poi puntualmente deportati ad Auschwitz e uccisi) e i detenuti più in carne e meno debilitati come attori. Furono costruiti falsi negozi e locali per spacciare attività prosperose e volontarie al posto dei lavori forzati.